La tomba dell’ufficiale nazista che ordinò la strage di Boves
Foto: M.Degl’Innocenti
DI MARCO DEGL’INNOCENTI
MONACO DI BAVIERA
Nell’edizione delle 19 del 24 aprile, il TG3 nel servizio a ricordo dell’eccidio nazista di Boves è incorso in un grave errore, probabilmente frutto di superficialità, ma tant’è. L’autrice del servizio ha detto che Boves è “gemellata con la città tedesca che ne ordinò l’eccidio”. La “città” in questione è in effetti un ameno paesino bavarese di circa 4000 abitanti, Schondorf am Ammersee, sull’omonimo lago, a 35 km da Monaco. E non ordinò alcun eccidio.
Il legame con Boves è comunque legato alla strage nazista. Ad una sepoltura “misteriosa”, per la precisione: quella di Joachim (Jochen) Peiper. Colui che dette materialmente l’ordine di effettuare il primo eccidio di civili innocenti operato dai nazisti in Italia durante la seconda guerra mondiale. Anzi, un duplice eccidio.
Il 19 settembre 1943 il piccolo centro del Piemonte, in provincia di Cuneo, che oggi conta poco più di 9 mila abitanti, fu messo a ferro e fuoco da un battaglione delle Waffen SS (SS combattenti, n.d.r.). Furono 21 i morti – tra i quali il parroco don Giuseppe Bernardi ed il suo vice, don Antonio Ghibaudo – e 351 le case incendiate. Massacro ripetuto dagli stessi soldati tedeschi nei dintorni di Boves e nel suo centro abitato, di nuovo dato alle fiamme tra il 31 dicembre del ’43 ed il 3 gennaio del ’44: altre 59 vittime, tra civili e partigiani italiani.
Joachim Peiper, nato il 30 gennaio del 1915 a Berlino, era al comando, con il grado di “Sturmbannführer” (maggiore), di un battaglione della “1. SS-Panzer-Division Leibstandarte SS Adolf Hitler”, la più importante divisione corazzata delle Waffen SS nella Seconda Guerra Mondiale. Ma anche una delle unità naziste più sanguinarie, per i numerosi crimini di guerra dei quali si macchiarono i suoi effettivi su numerosi fronti. Nel settembre del 1943 la divisione era stazionata nel cuneense e Peiper ordinò ai suoi uomini la spietata “punizione” di Boves, in rappresaglia per la morte di un militare tedesco nel corso di uno scontro con un’unità partigiana italiana.
Tale verità storica è stata peraltro puntualizzata in maniera assolutamente corretta il giorno dopo, nella ricorrenza del 25 aprile, dallo stesso presidente della repubblica italiana, Sergio Mattarella, che nel suo discorso commemorativo della ricorrenza a Cuneo ha ricordato testualmente la cittadina bavarese di Schondorf am Ammersee come “il luogo dove giacciono i resti del comandant del battaglione SS responsabile della feroce strage del 19 settembre 1943”.
Ancora oggi è sconosciuto il perché sotto quella una lapide di pietra scura nel piccolo cimitero di Schondorf am Ammersee si troverebbe (condizionale d’obbligo, la salma non è stata mai riesumata, n.d.r.) un corpo del quale per decenni si erano perdute le tracce.
La guerra di Peiper, infatti, dopo la campagna in Italia continuò nelle Ardenne, in Belgio, dove a Malmedy, nel dicembre 1944, fece giustiziare circa 80 inermi prigionieri di guerra americani. Per questo crimine fu processato in Germania e condannato a morte, sentenza poi commutata in ergastolo, fino alla scarcerazione anticipata nel 1956. Per la strage di Boves, invece, Peiper non andò mai a processo: nel 1968 il tribunale di Stoccarda sentenziò il non luogo a procedere nei suoi confronti. Il criminale nazista, che nel frattempo era andato a vivere in Francia sotto falso nome, la notte del 13 luglio del 1976 morì nell’incendio appiccato alla casa in cui abitava. Presumibilmente vittima di un gesto vendicativo da parte di ex membri della resistenza nei suoi confronti.
Il suo corpo fu ritrovato carbonizzato, ma delle sue spoglie, con gli anni, si erano perse le tracce. Fino a quando nell’ottobre del 2013 alla parrocchia cattolica di Schondorf arrivò una lettera di un gruppo di fedeli di Boves che chiedevano di poter visitare in segno di pace e riconciliazione la tomba di Jochen Peiper.
La sconcertante notizia provocò comprensibilmente grande sorpresa nella comunità cattolica del piccolo centro bavarese. Tanto che l’allora “Kirchenpfleger” (amministratore parrocchiale laico) di Sant’Anna, Marius Langer, si mise subito alla ricerca della tomba, anche a lui sconosciuta. Sorpreso, ma anche sgomento, per la scoperta di avere un criminale nazista tra i morti del cimitero. Peiper, del resto, non era stato un ufficiale nazista qualsiasi, ma uno dei più decorati, all’inizio della carriera militare anche aiutante di Heinrich Himmler, il braccio destro di Hitler. Sulla lapide tombale si leggono anche i nomi della moglie di Peiper, Sigurd, a sua volta segretaria di Himmler e di due fratelli dell’ufficiale nazista. Quando ed in quali circostanze sarebbero avventa le sepolture non è stato possibile ricostruirlo.
Sia pure con molte cautele da entrambe le parti, le due comunità avviarono un processo di reciproca conoscenza che negli ultimi anni si è concretizzato con contatti reciproci fino alla stipula di un patto di amicizia ed al gemellaggio vero e proprio.