© M.Degl’Innocenti
DI MARCO DEGL’INNOCENTI
Diventò famosa nel 1978, Roncobilaccio. Il cantautore romano Antonello Venditti la inserì nella sua ormai storica ballata dal sapore anarchico “Bomba o non bomba: “A Roncobilaccio ci viene incontro un vecchio, lo sguardo profondo e un fazzoletto al collo…”, è la strofa che milioni di italiani, non soltanto quelli della mia generazione – quella di Venditti e del ”sessantotto” tanto per intenderci – avrebbero mai più dimenticato. Roncobilaccio era già da anni, per tutti gli automobilisti, un preciso punto di riferimento nella geografia del nostro paese. Per chi proveniva da nord, per gli italiani, ma anche per le centinaia di migliaia stranieri, tedeschi in testa, che ogni estate ci invadevano pacificamente , costituiva una sorta di porta verso il sud. Verso il sole. Roncobilaccio era ed è tuttora una piacevole soleggiata frazione di Castiglion dei Pepoli, romantico borgo dell’appennino bolognese. Ma soprattutto un’area di servizio dell’autostrada. Per decenni una delle più importanti, a prescindere dalla citazione di Venditti. La sosta degli automobilisti era d’obbligo, sia per chi aveva appena scavallato il valico di Pian del Voglio proveniente da sud, sia per chi si apprestava a farlo per tuffarsi verso la Toscana. Quasi impossibile trovare posto nelle piazzole di sosta, con decine di TIR a contendere lo spazio alle autovetture.
Questo fino al dicembre 2015, quando, finalmente, fu aperta al traffico la “variante di valico”, con i suoi poco più di 30 km di lunghe gallerie: la “direttissima”, come si chiama adesso. Roncobilaccio, però, è sempre lì. Resta a presidiare con la sua duplice stazione di servizio il vecchio tratto della A1 ribattezzato, ad ottima ragione, “panoramica”. Ma il luogo, almeno dal punto di vista autostradale è irriconoscibile. Il traffico è ormai completamente o quasi assorbito dalla “direttissima”, soprattutto quello dei mezzi pesanti. Ed ecco che Roncobilaccio è diventata una meravigliosa oasi di pace, degna tappa di un viaggio quasi d’altri tempi, rilassante e sicuro, proprio a metà del vecchio, ma sempre bellissimo, affascinante, tratto appenninico. Certo, danno ancora un po’ fastidio le ripetute deviazioni con lunghi tratti di corsia unica (comunque in costante, sia pur lenta, diminuzione), dovute agli opportuni lavori di riammodernamento soprattutto nelle vetuste gallerie. Ma neppure questi costituiscono un problema eccessivo: il trafficò è talmente scarso che la probabilità di trovarsi in coda sono pressoché nulle. E ora sui piazzali delle due aree di servizio, notevolmente ridimensionati, si parcheggia con facilità. Anzi, ci si può anche distendere in una comoda sgranchita di gambe, mentre lo sguardo corre a 360 grati sulle verdi alture dell’appennino. E all’interno dei semplici locali che accolgono per il ristoro, non c’è ressa, ma una simpatica atmosfera di benvenuto all’emiliana, con personale giovane e sorridente. Insomma, Roncobilaccio ha cambiato pelle, in meglio decisamente. Adesso sembra davvero quasi che, all’improvviso, possa apparirci, per salutarci quel vecchio con lo sguardo profondo e il fazzoletto al collo di vendittiana memoria. Che però non avrà bisogno di avvertirci di “stare in campana perché hanno già chiamato la polizia a cavallo”. Ma la “stradale” con le sue pantere bianco-azzurre sì, qui si ferma sempre. Anche per un caffè e un panino.
© M.Degl’Innocenti